Il primo settembre, capodanno per il personale scolastico, studenti e dirigenti è alle porte. Déjà vu: la didattica in presenza o a distanza, i trasporti, il distanziamento, le mascherine, a cui si aggiungono ora i vaccini e il green pass. L’incognita relativa alla tempistica dei docenti in cattedra all’inizio delle lezioni quest’anno si incrocia con modalità di nomina affidate ad un algoritmo, con buona pace della continuità didattica, soprattutto con studenti e studentesse che manifestano difficoltà.
La didattica a distanza, unica soluzione possibile nei periodi di lockdown, è stata necessaria ma di ardua applicazione, riproponendo quel differenziale di contemporaneità che gli storici accostano alla rivoluzione industriale. La fortuna, o sfortuna, di abitare in una città anziché in una valle, di avere a disposizione connessione e hardware ha fatto la differenza sulle modalità di frequenza, studio, successo, dispersione scolastica e abbandoni. Ed ora? Pare si ricominci da capo e, chi il mondo della scuola lo vive quotidianamente insieme ai ragazzi e alle loro famiglie, si ingegna, tra pon, scuola aperta d’estate, progetti ministeriali e non, per trovare percorsi che non si attengano al semplice sapere disciplinare ma che incrementino quello che è un obiettivo non sempre considerato quanto merita: l’orientamento.
Studi Istat, Eurostat e Pisa Ocse ci pongono al quintultimo posto nella Ue per la dispersione scolastica con un 13,5% che ci pone sotto di tre punti alla media europea. A questo aggiungiamo il digital divide che, come ha citato il premier Draghi nel suo discorso programmatico, ha visto un milione di studenti delle scuole superiori in grado di seguire le lezioni a distanza su 1,6 milioni totali. Più quelli che si sono persi per strada da febbraio ai mitici scrutini di giugno.
Come ripartire nuovamente, senza ripetersi e senza ricadere nelle stesse difficoltà dell’anno appena trascorso? Il punto di partenza fondamentale dovrebbe essere l’Orientamento, che potrebbe diventare possibilmente una nuova disciplina trasversale, così come è stata finalmente introdotta l’educazione civica, intesa come Orientamento permanente che, come il lifelong learning, dovrebbe accompagnare ragazzi e ragazze per tutto il percorso scolastico, accademico e lavorativo. Sviluppare le capacità di scelta autonoma, cosa che si può fare solo conoscendo bene sé stessi. Come orientare in modo oggettivo? Come fornire ai nostri studenti e alle nostre studentesse una bussola per orientarsi?
Seconda la ricerca di Eduscopio della Fondazione Agnelli partono proprio da qui i primi stereotipi che possono condizionare le scelte degli studenti e studentesse che in terza media scelgono (e spesso con poca cognizione di causa) gli studi superiori. I licei portano all’Università e gli Istituti tecnici (ancor più i professionali) al mondo del lavoro, con di conseguenza una bassa percentuale di iscrizione femminile in tali ambiti (ad esclusione di alcuni settori del professionale ritenuti, ahimè, ancora di retaggio femminile: socio assistenziale, moda ad esempio).
Quali punti da considerare, nell’ ottica dell’orientamento permanente?
In primis insegnare a “imparare ad imparare”. Creatività e capacità espressiva sono strumenti indispensabili anche per tutti coloro che operano in ambito tecnico e non solo e che oggi, più che mai, devono saper assumere e dar vita a punti di vista innovativi negli ambiti di applicazione delle proprie competenze. La complessità culturale e tecnologica della nostra società lo impone.
Un istituto tecnico, ad esempio, che ambisca a preparare i ragazzi sia al mondo del lavoro che ad un proseguo degli studi in ambito universitario, non può dunque esimersi dal coltivare e sviluppare nei propri studenti tali capacità. Capacità utili comunque a qualunque studente, che sappia poi districarsi anche nello studio universitario che richiede una maggiore flessibilità rispetto allo studio della scuola superiore. Ingegneri creativi, ma anche un po’ filosofi.
L’attenzione posta agli studenti che manifestano disagio o difficoltà non deve far perdere di vista l’importanza del lavoro che si può realizzare dotando gli studenti eccellenti di strumenti per implementare le proprie capacità di comprensione nella lettura, di apprendimento, di miglioramento delle proprie capacità comunicative, facendo loro comprendere, al contempo, quanto l’impegno dell’insegnamento (peer tutoring) abbia non solo esito positivo sui compagni da aiutare, ma anche una proficua ricaduta su loro stessi (insegnando si impara). Responsabilizzarli e insegnare loro a mettere a disposizione della comunità (scuola e/o classe) le proprie abilità per combattere la dispersione scolastica, porta a sperimentare come i propri talenti, gestiti con competenza, possano rappresentare un bene per la comunità e non solo per se stessi. La scuola può risultare così palestra in cui crescere e diventare adulti e cittadini responsabili.
Orientare è anche educare già dalle scuole superiori all’imprenditorialità, che non è più appannaggio maschile, non lasciando in secondo piano le pari opportunità: la possibilità di proporre e seguire lo sviluppo di un proprio progetto d’impresa può essere per gli studenti un utile strumento per sviluppare le competenze trasversali, combattere la dispersione scolastica e sperimentare un contesto lavorativo molto simile a quello reale in modo da comprendere e sviluppare le proprie caratteristiche ed inclinazioni non in autoreferenza ma confrontandosi con il mercato e mettendosi in gioco, indistintamente dal genere. Sicuramente ci sono molte esperienze positive in merito, che possono diventare da semplici buone pratiche a spunti di un programma che incrementi la presenza e la leadership femminile in un fondamentale elemento della nostra economia.
“Un tratto caratteristico della rivoluzione digitale e della attuale contingenza sociale è che, a differenza di quanto accaduto nella Rivoluzione Industriale, diventa ancora più difficile costruirsi da soli il proprio futuro ma occorre farlo in stretta relazione e collaborazione con altre persone, portatrici non solo di interessi affini ma anche di competenze complementari alle nostre. In un sistema complesso il singolo individuo deve imparare a interagire con gli altri per perseguire obiettivi in modo collaborativo e inclusivo. Nel mondo delle tecnologie le competenze disciplinari (competenze tecniche nel caso di un Ateneo come il nostro) rimarranno importanti ma a queste occorrerà abbinare altre facoltà: inter-relazionali e persuasive, comunicative, etiche, sociologiche, politiche, ecc” così il Rettore del Politecnico di Torino, Prof. Guido Saracco, inaugurò l’anno accademico 2019/20.
Ed infine, dopo due anni così tribolati e sapendo che anche quest’anno non sarà semplice, cosa coltivare e fare crescere a scuola?
Diceva il grande filosofo viennese Wittgenstein: “Si potrebbe fissare il prezzo dei pensieri. Alcuni costano molto, altri poco. E con che cosa si pagano i pensieri? Io credo così: con il coraggio.”
Esporre le proprie idee, cercare di fare chiarezza, essere disposti al confronto e al dialogo anche con chi critica aprioristicamente è una forma di coraggio quando, in questo mondo in rete, è semplice trovare accesso a qualunque informazione mentre è ben più difficile un pensiero organizzato e saper dialogare in maniera costruttiva. Coltivare la sensibilità, far crescere una originalità che sia soggettiva, e soprattutto “tenersi a cuore” come sostiene un nostro filosofo contemporaneo (Salvatore Natoli) ovvero sviluppare un’etica della competenza e della cura di sè nel rispetto degli altri, sono obiettivi che ogni scuola può assumere nel proprio PTOF.
Educare al coraggio, è una sfida? Sicuramente sì, di quelle belle anche se difficili. Ma con quanto abbiamo passato e condiviso ce la possiamo fare, costituendo un patto educativo di comunità con il coinvolgimento di scuola, famiglie, istituzioni, associazioni e organizzazioni del territorio. Dunque, buon anno!

Chiara Cerrato
docente e referente pari opportunità Polo Universitario Rita Levi Montalcini Asti

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